
Il colore nella storia dell’arte
Fin dall’antichità l’uomo, spinto da un’esigenza insita di esprimersi e comunicare, ha usato tra i vari mezzi soprattutto il colore.
L’uomo primitivo, ad esempio, raffigurava sulle pareti delle grotte animali o scene di caccia utilizzando polvere di carbone, terre o cere impastate con sostanze grasse o succhi vegetali.
Il colore, pian piano, si rende protagonista e simbolo. Basti pensare alle icone religiose del XIII e XIV secolo dove i colori si appropriano di un significato simbolico ben preciso: blu come il cielo, l’oro segno della luce di Dio, il bianco la purezza mentre le figure rimangono immobili in segno di pace. I colori vengono stesi a strati secondo un procedimento che va dal più scuro al più chiaro chiamato illuminazione.
Nel corso del XV e XVI secolo grazie anche alla gradazione dei toni e l’utilizzo della luce che il colore si trasforma in strumento per il rilevo dei corpi e la sottolineatura delle distanze.
Nella Trasfigurazione di Cristo, di Giovanni Bellini, vediamo come la lucentezza dei colori riesca a staccare le figure dal fondo e creare tra la terra e le montagne senza l’utilizzo di fughe prospettiche mentre l’utilizzo di toni caldi infondono sensazioni di pace e serenità.

C’è chi, invece, come Paolo Caliari, detto il Veronese raggiunge risultati diversi attraverso l’utilizzo i colori brillanti e pieni di luce dalla resa esuberante e vitale.

Pensando all’Ottocento ci vengono in mente le grandi sperimentazioni sulla luce nell’arte come quelle degli Impressionisti, che con la loro pittura en plein air (all’aria aperta) riescono a catturare la varietà infinita di sfumature dei colori quando entrano in contatto con la luce.

Con il passare dei secoli il colore si fa portavoce dello stato d’animo dell’artista e delle sue emozioni. Artisti come Edvard Munch, Franz Marc, Paul Klee e Vasilij Kandinskij vogliono restituire alla pittura quel contenuto spirituale, rappresentando in un linguaggio di forme e colori le più intime esperienze dell’animo umano.
È Kandinskij stesso ad affermare che ogni colore è dotato di un suo valore espressivo e spirituale mentre in artisti come Piet Mondrian o Casimir Malevic troviamo forme astratte, geometriche e colori puri.

Piet Mondrian, Composizione con rosso giallo e blu, 1929, Amsterdam, Stedelijk Museum
Colore anche per rappresentare l’irrealtà e il proprio inconscio. Quello che fanno i Surrealisti come Max Ernst, Salvator Dalì o Jean Miró che attraverso l’uso del colore danno libero sfogo alla loro immaginazione e ai loro pensieri più reconditi.

E così via via, nel corso del tempo e della storia dell’arte. Il colore che da sempre racchiude il vero senso di un’opera d’arte perché come affermava Kandiskij il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è la tastiera, gli occhi sono il martelletto, l’anima è un pianoforte con molte corde. L’artista è la mano che suona, toccando un tasto o l’altro, per provocare vibrazioni nell’anima.

